Immuni: innovazione o grande bluff?
Dopo tanto parlarne, finalmente ci siamo: sugli store Google e Apple è disponibile Immuni, l’app che nelle intenzioni del Governo dovrebbe aiutare il Paese a limitare la diffusione del contagio da coronavirus.
Abbiamo provato a scaricarla, e ad un primo sguardo l’applicazione sembra molto fluida, di grafica gradevole e di facile utilizzo, elementi che non siamo abituati a notare su dispositivi di provenienza per così dire pubblica.
Ma come funziona?
Immuni associa ad ogni telefono un codice casuale. I telefoni che si incontrano (solo se con Bluetooth attivi, indicativamente a distanza entro il metro) si scambiano i rispettivi codici, consentendo ad Immuni di conoscere se si è venuti in contatto con persone potenzialmente affette da Covid, così da attivare tutte le azioni di cautela verso il contagio (anzitutto contattare il proprio medico curante e autoisolarsi).
E la privacy?
L’app non richiede dati personali (niente nome, numero di telefono, mail o altro), né sarà in grado di geolocalizzare l’utente, che pertanto rimarrà anonimo e non tracciabile.
In una prima fase, l”app sarà in sperimentazione su Marche, Liguria, Abruzzo e Puglia.
A differenza di altre iniziative governative, che in questi ultimi mesi hanno avuto l’eco di conferenze e comunicazioni ufficiali, su Immuni le informazioni sono state frammentate e non particolarmente chiare, almeno pensando al grande pubblico. Ma partendo dall’assunto che ogni strumento a disposizione per contrastare il contagio da Covid-19 è utile e fa il bene di tutti, ragionando sulle prime informazioni che siamo stati in grado di raccogliere, qualche aspetto che ci ha convinto di meno c’è.
A partire ad un punto chiave: trattandosi di un’app, richiede di essere scaricata ed attivata, situazione non scontata in assenza di un’obbligatorietà. In più, l’app è ben fatta e di semplice utilizzo, ma le condizioni affinché sia efficace sono diverse:
- che venga scaricata da tutti (o comunque da tanti)
- si possegga uno smartphone
- nelle situazioni di contatto con altre persone si mantenga il bluetooth attivo
- chi ha contratto il Covid-19 lo comunichi all’app. Situazione, anch’essa, che può avvenire solo su base volontaria
Altro elemento che potrebbe limitarne l’efficacia è l’aspetto linguistico: al momento Immuni supporta l’italiano, il tedesco, il francese, l’inglese e lo spagnolo, acquisendo in modo automatico la lingua impostata sul proprio dispositivo.
Mancano pertanto alcune lingue piuttosto diffuse in Italia (ad esempio arabo e cinese), anche se presumiamo che questo gap verrà colmato con l’avanzare della fase di testing.
Tornando al titolo: siamo di fronte all’innovazione del secolo o ad un grande bluff?
E’ ancora prematuro per dirlo, e sicuramente ci vorrà tempo prima di portare l’app a regime. Il percorso intrapreso ci pare buono, ed ogni iniziativa – specie se “smart” – adottata per limitare gli effetti del contagio ci sembra da stimolare con forza. Ad una condizione, però: che ai cittadini si trasmettano per tempo e in modo chiaro tutte le informazioni necessarie ad un corretto utilizzo. Diversamente, la montagna avrebbe partorito l’ennesimo topolino, cosa che, dopo mesi di lockdown, francamente, non ci possiamo permettere.
Per saperne di più potete consultare il sito ufficiale di Immuni .